Perché il foto giornalismo sta morendo: nuove strade

C’è un motivo semplice e antipatico sul perché il buon foto giornalismo sta morendo, ed è in buona compagnia… La mancanza di attenzione e voglia di approfondire di gran parte del pubblico pagante e sopra tutto non pagante.

Diciamolo oggi si lotta per l’attenzione, un briciolo un grammo di attenzione… La gente davanti allo schermo ha la forza di volontà e la capacità di approfondire di un criceto… Basta salire su di un vagone della metropolitana in qualsiasi città del mondo, persone perse dentro uno smart phone…

Ma riusciamo a leggere a lungo anche a casa al computer? Così così. Bombardamenti visivi continui attenuano la nostra capacità di stare concentrati di fronte ad uno monitor.

Nella battaglia per ottenere qualche minuto o peggio qualche secondo fra la quantità di ore che vengono sciupate davanti agli schermi i fotografi non sapendo che pesci pigliare giocano, troppo spesso, la carta dell’esotico, della guerra degli stereotipi visivi… In aggiunta a questo c’è una mancanza di buoni giornalisti di inchiesta, persone che oltre a ragionare sui numeri sappiano andare sul campo e gestire dei progetti in maniera intelligente… Sempre più difficile per i photo editor e per i direttori dei giornali o dei magazine pubblicare qualcosa che  si discosti dall’urlato e dal banale sempre più pressati dalla richiesta di numeri che non  solo non arrivano ma calano…

Si racconta poco l’Italia non si da spazio al racconto visuale…

Un declino che coincide con la scomparsa dei grandi editori borghesi… Oggi assistiamo all’impero delle Fast News delle Junk News delle Fake News… non è andata bene con il cibo pensate che andrà bene con l’informazione?

Non è tutto così brutto come sembra però. Piano piano le persone i giornalisti di valore iniziano ad organizzarsi. Ritornano le Newsletter, anche in Italia basta pensare a Mario Sechi o a Francesco Costa c’è spazio per esperimenti e nuovi progetti sempre che si trovi una narrazione di valore e a passo con i tempi magari di nicchia. Infine, per ora, i colossi dell’informazione che hanno scelto pay-wall e prezzi ragionevoli (in rapporto a loro target) come NYT e FT sopravvivono…
Niente a che vedere con la nostra editoria sempre più persa nel suo coma profondo eccetto piccoli guizzi in cui raccimola tutte le sue energie per prostrarsi al potente di turno politico o imprenditore…

Nella fotografia ci sono collettivi come CESURA o fotografi che decidono di lavorare per progetti come ad esempio Eugene Richards che indagano la realtà molto più vicina a loro. Forse ha senso organizzarsi… Riattivare dei legami… Quelli sani… Quelli preziosi in cui scambiarsi idee impressioni e riattivare la curiosità quella buona… Bisogna vivere e partecipare alle piccole storie… Quelle di chi lotta…

Quindi provare delle alternative, sia nel linguaggio che è oggi più libero che mai, sia nella pubblicazione e diffusione del proprio lavoro
Oggi siamo nell’epoca dello Storytelling e le storie, la rappresentazione di se è più che mai importante. Non saranno gli editori a pagarci l’affitto ma magari imprenditori, associazioni o ONLUS o addirittura followers… Stare fermi a lamentarsi non ha certo senso…

Meditiamo gente meditiamo.

Per chi avesse due orette da dedicare riporto l’intervento di Uliano Lucas ricco di spunti di riflessione e di tante informazioni storiche. Un po’ di cultura non può che farci bene:

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Una strategia per ritrovare la propria voce

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