Le persone le storie

Tutto era iniziato lentamente, come serve in progetti di questo genere.
A Monte Porzio mi aspettava una Casa Famiglia per malati di HIV, malati speciali con problemi comportamentali alcuni, con fedine penali degne dei titoli di coda di un kolossal hollywoodiano altri.

Ognuno chiuso nelle sue storie nei suoi racconti…
Nella rappresentazione di se.
Rapine in banca, piccole truffe, ladri d’auto, tossicodipendenti, ex pugili, transessuali della prima ora…

Normali gli scatti d’ira le malinconie profonde, il lavoro prezioso dei volontari spesso animati da una energia calma e costante, il tutto aggregato attorno alla figura portante di padre Mario Longoni.

Quante ne abbiamo passate da allora Mario ed io, le nostre strade ci avrebbero portati a passeggiare in Repubblica Centroafricana… I padri Betharramiti mi avrebbero fatto vedere cosa fosse la fede… Io non ce l’ho ma ora la posso riconoscere.

Era una mattina tiepida, Massimo dava già segni di intolleranza, il suo narcisismo malato lo aveva portato a parlarmi, non voleva foto, anche se aveva votato di farmi entrare nella Casa e di lasciarmi lavorare, avevamo un accordo in cui io fotografavo poi gli davo la macchina e lui cancellava quelle che non voleva. Il suo tentativo di tenere sotto controllo la rappresentazione di se era riconducibile ad una non accettazione della sua personalità.

M. – “Cosa sono queste foto? Tu saresti un fotografo? Non mi si vede per niente, io avevo la possibilità di fare l’attore sai? Prima della malattia avevo tutti i capelli sai? Poi ho scelto altre strade ma potevo farcela, diventare famoso sai? Tieni la macchina e usala meglio, io potevo fare il fotografo sai? Avevo talento sai? Io ho un talento innato per l’arte, sai?”

Massimo non mi ha più chiesto di vedere le mie immagini mi ha lasciato fotografare. Era pieno di astio e risentimento verso se stesso… Le sue rabbie erano proverbiali…

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