Io c’ero: in difesa del reportage

È da molto che non scrivo e non pubblico foto “classiche” di reportage un po’ doloroso e retorico. Mi sono chiesto molto in questo ultimo periodo che senso abbiano queste immagini. Con la guerra in Ucraina e in Palestina abbiamo visto foto atroci usate in maniera discutibile e sopratutto facilmente dimenticate. Oggi penso che il valore del documento fatto, soprattuto, da chi vive e conosce i paesi afflitti dalle grandi crisi sia di fondamentale importanza come memoria storica come testimonianza. Il dolore degli altri viene però subito dimenticato dai più. Per fortuna non da tutti. La sovraesposizione mediatica e la sempre maggiore presenza di interlocutori altri che abitano spazi virtuali  ci portano sempre più spesso in un altrove in cui il senso e la fisicità sono perduti….

Reportage Fotografico Repubblica Centroafricana

C’è una fuga di molte persone dal reale, una nuova forma di alienazione di rifugio in mondi irreali che purtroppo però consumano il nostro tempo e ci allontano dal mondo. Una sorta di continua società dell’intrattenimento in cui le esperienze comprate la fanno da padrone su quelle guadagnate con la fiducia, con lo scambio di se. 

Ascolto spesso persone che mi raccontano le splendide cose che stanno facendo e non mi rendo conto che sono luccichii, bagliori non sempre di gemme ma più spesso di vuoti interiori.
Allora ecco io ero lì, lì con lei nel provare ad aiutarla, esausta consumata dalla febbre, dal digiuno dalla stanchezza e dalla malattia. Ero lì e sono stato lì per un po’ ho assaporato l’amaro della sconfitta dell’impotenza e il caldo abbraccio dell’amore per l’altro da me, l’accettazione per ciò che la vita ci serve, ho provato a fare delle scelte che possono non aver cambiato la vita degli altri ma sicuramente hanno cambiato la mia facendomi crescere e rendendomi un uomo più consapevole, non per forza migliore.

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